Ma questo allarme era stato già e dato in altre occasioni ed in modo anche molto esplicito:
Il fotovoltaico non matura nei campi
VILLAPERUCCIO. Aumentano in tutta l’area del Basso Sulcis le richieste di impianti fotovoltaici a servizio delle aziende agricole, soprattutto per le coltivazioni serricole. Ciò che a prima vista sembrerebbe un grande vantaggio, sia in termini di risparmio energetico sia per la difesa dell’ambiente, in realtà rischia di manifestarsi come un grave motivo di preoccupazione per le amministrazioni comunali del territorio. Le coperture con celle fotovoltaiche, infatti, riguardano vaste estensioni di aree agricole. Le richieste di autorizzazione, inoltrate ai Comuni, sono ormai nell’ordine di diverse decine. Il fenomeno, comunque, non è circoscritto al Basso Sulcis ma si sta verificando in mote aree della Sardegna, tanto da suscitare le preoccupazioni di numerosi sindaci. I dubbi riguardano evidenti problemi di carattere ambientale. Se queste enormi estensioni di celle fotovoltaiche fossero inserite in aree industriali non ci sarebbe molto da ridire. Ma il fatto che siano proposte in autentiche oasi paesaggistiche, zone agricole e pianure non può che far arricciare il naso a coloro che hanno davvero a cuore la salvaguardia della natura. Quando i Comuni sono chiamati a rilasciare le autorizzazioni devono rifarsi alle direttive regionali in materia, le quali prevedono l’esclusione della procedura di screening ambientale per quegli impianti parzialmente integrati o con integrazione architettonica. Tradotto in termini più comprensibili, significherebbe che si possono costruire tranquillamente questi impianti fotovoltaici a condizione che siano integrati dal punto di vista architettonico. E le valutazioni paesaggistico-ambientali? Questi impianti solari per la produzione di energia elettrica, in pratica a livello industriale, all’interno delle zone agricole, senza un’adeguata istruttoria che ne accerti le concrete ricadute economiche nelle aree interessate, non si potrebbero realizzare. Lo conferma una sentenza del Tar Sardegna, di qualche mese fa. I progetti presentati in queste settimane, come correttamente ha fatto notare anche l’amministrazione comunale di Galtellì (Nu) in una lettera inviata al presidente della Regione Sarda, farebbero pensare che si stiano inventando degli impianti serricoli, creati solo per permettere l’integrazione architettonica delle installazioni fotovoltaiche. Insomma, queste ultime non sarebbero utili all’agricoltura ma servirebbero solo per una produzione industriale di energia elettrica. I progetti rischiano di essere realizzati perché il loro iter non prevede delle forme di controllo e di verifica dell’impatto ambientale. Per frenare la «corsa all’oro», cioè il grande fervore dei progettisti e delle società collegate, incuranti della difesa dell’ambiente ma interessati solo ad ulteriori business, è stato chiesto alla Regione un intervento urgente per valutare le situazioni ed adottare dei provvedimenti per evitare danni all’ambiente. - Enrico CambeddaMa dopo qualche giorno ecco le nuove voci a favore dell'installazione dei pannelli sui terreni agricoli:
L Unione dei Comuni alla guerra del fotovoltaico
OZIERI. Sono tanti i progetti di realizzazione di impianti fotovoltaici tramite serre o installazioni in piano presentati a Ozieri e in altri Comuni del territorio. Molti di questi però sono fermi, a causa della confusione normativa creata dal passaggio delle competenze decisionali per l’approvazione di questi progetti dalle Province alla Regione, sancito da una norma Ras. Per chiedere una pronta uscita da questa impasse burocratica si è di recente mossa anche l’Unione dei Comuni del Logudoro, che ha approvato una delibera di protesta che è stata inviata alla giunta Cappellacci e in particolare all’assessorato all’Industria. La delibera afferma la volontà dei Comuni del Logudoro di rispondere prontamente alle pressanti richieste degli imprenditori, ma che anche la Regione ponga al riparo gli enti locali dal rischio di incappare in ricorsi, e rivalse di risarcimento danni che diversi imprenditori minacciano di intentare nei confronti dei Comuni che hanno dichiarato le pratiche non ricevibili o comunque per quelle in sospeso. Per evitare questo, i Comuni chiedono che la Regione fornisca adeguati strumenti all’interno di un quadro giuridico certo. Il passaggio di competenze, sancito dalla legge regionale 3 2009, ha rimandato la disciplina dell’approvazione dei progetti (in particolare di quelli portati avanti da imprenditori agricoli che chiedono l’approvazione di progetti di strutture con impianti fotovoltaici integrati e parzialmente integrati per il miglioramento energetico) a una normativa nazionale, il decreto legislativo 387 del 2003. Da qui, a detta dei sindaci del Logudoro, nasce la confusione, anche perché tutta la norma è subordinata all’approvazione del Piano Energetico Regionale, che ancora non è avvenuta e oltretutto perché, come si legge nel documento dell’Unione del Logudoro, la normativa in vigore è controversa e lacunosa proprio a causa della legge regionale che ha lasciato gli operatori del settore privi di strumenti per poter agire. Già da tempo si attende da parte della giunta regionale l’adozione di un atto interpretativo, che chiarisca definitivamente la materia, rassicuri gli imprenditori e ponga al riparo gli enti locali, da perdite e rischi. La domanda è: chi deve decidere? “A rigore interpretativo - dice il documento dell’Uc Logudoro - le pratiche resterebbero in capo alla Regione secondo la procedura dell’autorizzazione unica ma non tutti si sentono di avventurarsi in questa strada. La Provincia si è dichiarata giustamente incompetente, mentre la Regione non risponde rimettendo le scelte ai Comuni, che in alcuni casi, per non rischiare l’adozione di atti nulli per incompetenza (con la successiva impossibilità di proseguire i lavori iniziati), hanno dichiarato le richieste attualmente irricevibili da parte dei Suap”. Occorre pertanto che la Regione metta fine a un’incertezza che potrebbe avere ripercussioni sull’economia e vanificare la volontà di coloro che cercano di darle nuovo impulso. - Barbara MastinoSarebbe il caso di fare chiarezza sul fotovoltaico nelle campagne. La cosiddetta integrazione nelle strutture è un concetto che va benissimo se applicato agli edifici rurali, in cui i pannelli diventano parte della struttura del tetto o delle coperture di stalle, case coloniche. Ma come al solito le disposizioni di legge possono essere interpretate in modo distorto per favorire interessi che nulla hanno a che vedere con lo spirito della legge.
L'installazione dei pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica è stata giustamente incentivata per ridurre l'uso dei combustibili fossili, che attualmente sono più convenienti.
L'incentivazione avviene con contributi a fondo perduto e con l'obbligo per l'ENEL di acquistare l'energia da fonti rinnovabili ad un prezzo tale da premiarne i produttori -ed il prezzo è ancora più elevato se l'impianto è"integrato" nelle strutture edilizie.
Ed ecco il genio italico che interviene e scopre che la possibilità di ottenere alti profitti si ha trasformando le serre in impianti fotovoltaici !
Ma.. le serre sono delle strutture produttive che utilizzano proprio l'energia solare per la loro attività, per cui la messa in opera di pannelli solari sul tetto le renderebbe inutilizzabili per lo scopo per il quale sono state concepite e costruite.
Il sole è la fonte di energia che consente alle piante di accrescersi e produrre.
Se si consultano i siti di alcune più note aziende produttrici di serre si può constare che sono state disegnate delle strutture apposite per alloggiare i pannelli solari e si può notare che i pannelli si installano ovviamente sul lato Sud, quello che riceve la maggiore intensità luminosa. Si veda, ad esempio:
http://www.artigianfer.net/pagine_en/solar_en.html
http://www.emmegi-eco.com/
Come giustamente sottolineato dalla giornalista B.Mastino dell'articolo citato il fotovoltaico selvaggio apre la strada alla trasformazione delle nostre campagne in baraccopoli, che alla fine del loro ciclo produttivo, che dipende dallo sviluppo tecnologico -e che può essere anche brevissimo- lasceranno solo rottami che gli speculatori non sono obbligati a rimuovere, come accadrà per gli impianti industriali dismessi. Come è accaduto per le cave di granito che hanno lasciato enormi crateri nelle colline della Gallura, discariche di milioni di metri cubi e silicosi diffuse per chi vi ha lavorato.
a very nice post!
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